Istituita nel 1984, la Riserva Naturale Orientata Bosco di Alcamo si estende sulla sommità di Monte Bonifato, nel territorio del Comune di Alcamo. La riserva, affidata in gestione nel 1987 alla Provincia Regionale di Trapani, si estende per circa 314 ha, di cui 201 zona A e 113 zona B o di preriserva. Monte Bonifato, dall’anno 2011, è anche sito di interesse comunitario.
STORIA . Custoditi dagli alberi, i ruderi del piccolo borgo medievale Bunifat formano un’immagine piuttosto suggestiva. La cima del monte, per l’abbondante presenza d’acqua e per l’ottima posizione geografica che permetteva di controllare il sottostante golfo di Castellammare, era un luogo perfetto per la presenza di una comunità. E’ per questo che gli Elimi vi si insediarono, dopo aver conquistato Segesta. Il verde intenso ben si sposa ora con le antiche pietre della spessa cinta muraria, con i resti delle abitazioni, le cisterne per l’acqua e il castello di Ventimiglia di costruzione sveva che Enrico di Ventimiglia riportò al suo splendore nel 1397. Delle quattro torri che ne segnano il perimetro, la torre di nord-ovest è quella giunta a noi in condizioni migliori, fortunatamente quasi integra. Si erge su tre piani, per un’altezza complessiva di 19 m, con copertura a volte. Sempre sullo stesso versante del monte, un possente muro di cinta, di larghezza pressoché uniforme di metri 2, che si sviluppava in almeno quattro lunghi tronconi, cingeva l’abitato di Bonifato. Lungo il percorso delle mura si riconoscono gli stipiti di quello che un tempo fu l’ingresso alla città, la cosiddetta “Porta della regina”, e di due torri che chiudono le fortificazioni sui versanti Est e Sud-Ovest.
Sulla cima del monte, incorporata nella cinta muraria del suddetto castello, si trova la chiesetta della Madonna dell’Alto, da sempre meta di pellegrinaggio della comunità alcamese in occasione della festa della Madonna dell’Alto. In passato, è documentato, i pellegrini vi si recavano per invocare la pioggia.
A nord ovest dell’abitato di monte Bonifato, nei pressi di una delle sorgenti del monte, si trova un grande serbatoio per la raccolta delle acque, conosciuto come la Funtanazza, edificio a pianta rettangolare di epoca medievale, che aveva una capienza di 1.200 metri cubi. Le mura erano spesse circa 2 metri e 20 e l’impermeabilità veniva assicurata da uno strato di intonaco composto da malta e coccio pesto. Vi si accedeva dal lato sud come dimostrano i resti di una porta e le tracce di condutture.
Sentiero archeologico
Il sentiero archeologico si snoda tra i ruderi del piccolo borgo medievale Bunifat posto sulla cima del Monte Bonifato, alla scoperta dei resti dell’antica comunità.
I dati archeologici riguardanti tale periodo sono arricchiti dalle emergenze monumentali che si scorgono lungo il percorso: la Funtanazza (serbatoio pubblico medievale), la Porta della Regina (il più importante degli accessi all’abitato); i resti delle abitazioni, le cisterne, con le volte a sesto acuto e/o a botte, realizzate per sopperire alla carenza d’acqua nel centro abitato e databili tra il XII e il XIII secolo, le due torri che chiudono le fortificazioni sui versanti Est e Sud-Ovest, il possente muro di cinta, di larghezza pressoché uniforme di due metri, che si sviluppava in almeno quattro lunghi tronconi e cingeva l’abitato di monte Bonifato, le neviere, che costituivano anche un ulteriore riserva idrica e il Castello di Ventimiglia, di architettura sveva, che si avvaleva della posizione naturalmente forte ed era rafforzata da quattro torri impostate a cavaliere sulla cortina muraria. Attualmente si conserva la torre principale, un robusto torrione (10×17) m dotato di piccole feritoie a toppa.
Sentiero delle Orchidee
Tempo di percorrenza: 1 ora | Difficoltà: bassa | Lunghezza: 850 metri
Il sentiero, tracciato sul versante Ovest, si insinua attraverso pini domestici e pini d’aleppo di recente impianto, nonché cipressi e frassini dai quali un tempo si estraeva la manna. La minore densità degli alberi con conseguente migliore insolazione del suolo è la causa della presenza di un sottobosco con un maggiore sviluppo e varietà di specie. Tra queste, quelle arbustive che lo compongono: l’ogliastro i cui teneri rami vengono utilizzati per l’intreccio di ceste, il prugnolo dalle molteplici proprietà medicinali. Tra le specie erbacee troviamo qui come in tutta la riserva il pungitopo, il cui rizoma insieme alle radici di asparago è impiegato nella preparazione di infusi e distillati. Caratteristica del percorso è la presenza di 28 specie di orchidee che all’ombra del sentiero trovano il loro habitat naturale. Da agosto ad ottobre insieme alla fioritura delle orchidee si possono osservare le lunghe infiorescenze della scilla marittima il cui bulbo ha proprietà cardiotoniche.
Sentiero San Nicola
Tempo di percorrenza: 2 ore e mezza | Difficoltà: media | Lunghezza: 1800 metri
Percorrere questo sentiero per il visitatore è fare, nella buona stagione, un bagno di sole e di profumi. Il paesaggio qui cambia radicalmente, lo sguardo spazia verso sud e l’interno della Sicilia. Ai lati del sentiero alberi di giuda, terebinto e cespugli di lentisco dalla cui corteccia si estrae la resina nota come mastice di chio. I declivi rocciosi sono occupati dalla gariga: l’ampelodesma, la palma nana, la ferula, il cappero, piante che hanno rivestito un ruolo importante nell’economia contadina di un tempo. Il giallo delle ginestre e l’odore pungente della ruta, dell’assenzio, dell’origano e della menta selvatica. Le giovani chiome del pino d’aleppo, “albero pioniere” ricoprono il sottobosco in cui predomina l’asparago pungente i cui teneri germogli vengono consumati lessi in risotti e frittate. Lungo il sentiero la vegetazione cambia a causa dell’altitudine: l’euforbia cespugliosa lascia il posto all’euforbia arborescente e all’acanto che si trovano solo ad una altezza di 500 metri.
– Il birdwatching è un’attività che può essere svolta tutto l’arco dell’anno. Per praticarlo sono essenziali un binocolo e una guida di riconoscimento.
Il birdwatching consente di stare a stretto contatto con la natura e di osservare animali che con le loro uniche forze sono in grado di volare creando un legame emotivo tra l’uomo e gli animali.
Il birdwatching racchiude in sé molte conoscenze: distinguere il canto, il verso, riconoscere la sagoma dell’uccello in volo o da posato, avere nozioni sul suo comportamento e sulla sua biologia.
Un’attività che permette di osservare le specie più insolite è la migrazione. Molti uccelli si spostano per riprodursi, per cercare cibo e per vincere condizioni climatiche proibitive. Grazie a questo è possibile osservare, oltre agli uccelli stanziali (che non migrano), anche i migratori, cioè le specie che stanno migrando e che si trovano in quell’area solo di passaggio.
LA FLORA
Il bosco di Alcamo è costituito da rimboschimenti, suddivisi in diverse fasi, effettuati dal 1919 fino agli anni ‘70-‘80. In linea di massima si distinguono le seguenti tipologie di vegetazioni:
A. Rimboschimento più antico costituito prevalentemente da Pino d’Aleppo (Pinus halepensis), Cipresso comune (Cupressus sempervirens) e latifoglie, principalmente Lecci (Quercus ilex) e Roverelle (Quercus pubescens), sparse o riunite in boschetti più o meno densi. Si evidenzia, inoltre, la presenza del Frassino (Fraxinus ornus), del Lentisco (Pistacia lentiscus), della palma nana (Chamaerops humilis), del pungitopo (Ruscus aculeatus), dell’euforbia (Euphorbia arborea), dell’acanto (Acanthus mollis) e della ginestrella comune (Osyris alba). Il sottobosco erbaceo ed arbustivo è fitto. I venti e l’azione schermante delle chiome degli alberi creano un ambiente molto umido che favorisce lo sviluppo di licheni, muschi terricoli, corticoli ed epilitici e alcune varietà di funghi;
B. Rimboschimento adulto disetaneo caratterizzato soprattutto da Pino domestico (Pinus pinea) e Cipresso comune (Cupressus sempervirens); altre essenze presenti sono: Cipresso dell’Arizona (Cupressus arizonica), Cipresso di Monterey (Cupressus macrocarpa), Cedro dell’Himalaia (Cedrus deodora), Eucalipto (Eucalyptus camaldulensis), Acacia (Acacia cyanophylla), Robinia (Robinia pseudoacacia), Siliquastro (Cercis siliquastrum). Il sottobosco è erbaceo con Palma nana (Chamaerops humilis), Pungitopo (Ruscus aculeatus), Gnidio (Daphne Gnidium), Prugnolo (Prunus spinosa L.), Biancospino (Crataegus monogyna) e alberi di Leccio e Roverella poco sviluppati e radi;
C. Rimboschimento giovane, costituito da pini e cipressi (Pinus sp. e Cupressus sp.). Tra gli alberi sparsi è presente una gariga mediterranea con Palma nana (Chamaerops humilis) e Ferula (Ferula communis). Frequente è pure la presenza dell’Asfodelo mediterraneo (Asphodelus microcarpus) e dell’Asfodelo giallo (Asphodeline lutea). Sporadica la presenza del Cisto bianco (Cistus salvifolius), del Cisto rosso (Cistus incanus L.) e del Lentisco (Pistacia lentiscus).
La zona B (pre-riserva) è caratterizzata dalla presenza di un’ampia prateria, che circonda l’area boschiva, ad Ampelodesma (Ampelodesmos mauritanicus), più comunemente conosciuta come “disa”, graminacea che con le sue radici consolida il terreno. Qui trovano riparo alcune meravigliose specie di orchidee.
Numerosissime le piante officinali: Peonia (Paeonia mascula (L. Miller); Piantaggine seghettata (Plantago serraria L.; in dialetto siciliano: spaccarrocca); Thè siciliano (Prasium maius); Ruta (Ruta graveolens L.); Valeriana rossa (Centranthus ruber); Timo arbustivo (Thymus capitatus); Origano (Origanum vulgare); Calcatreppolo (Eringium campestre); Calendula (Calendula officinalis); Camedrio (Teucrium chamaedrys L.); Cardo mariano (Silybum marianum); Fumaria (Fumaria officinalis F.); Marrubio (Marrubium vulgare L.); Nigella (Nigella damascena L.); Rovo (Rubus ulmifolius S.); Salsapariglia (Smilax aspera); Tarassaco (Taraxacum officinalis); Iperico (Hipericum perforatum); Caprifoglio mediterraneo (Lonicera etrusca); Borragine comune (Borago officinalis L.); Barba di becco (Tragopogon porrifolius subsp. Cupanii (Dc I. Rich.).
Nelle radure si trovano numerose ombrellifere come il finocchio selvatico (Foeniculum vulgare), la ferula (Ferula communis)e il tordilio pugliese (Tordjlium apulum).
Nella formazione rupestre: Cavolo di roccia (Brassica drepanensis); Centaurea (Centaurea ucriae Lacaita subsp. ucriae endemica); Erba di S. Pietro (Senecio siculus Allioni, endemica Sicilia e Sardegna); Garofano rupicolo (Dianthus rupicola B.); Asperula (Asperula rupestris T. endemica); Cappero (Capparis spinosa L.); assenzio (Artemisia absinthium)
Tra le piante rare e/o endogene sono presenti: Thymus spinulosus T.; Senecio squallidus L. subsp. rupestris (W. & K.); Convolvus tricolor (Inclusa nella lista rossa regionale Raimondo et al. 1994); e diverse specie di orchidee: Orchis oxyrrhynchos T.; Ophrys fusca subsp. obaesa (Lojacono); Ophrys lutea subsp. minor (Todaro); Ophrys sphegodes subsp. sicula (E. Nelson); Orchis commutata (Todaro); Orchis brancifortii (Bivona).
LA FAUNA
La fitta vegetazione di questa riserva ospita una fauna peculiare in quanto costituisce un’area boscata relativamente isolata rispetto al territorio circostante.
Nella riserva vivono numerose specie di rapaci, fra cui la poiana (Buteo buteo), il gheppio (Falco tinnunculus), il barbagianni (Tyto alba), la civetta (Athene noctua) e l’allocco (Strix aluco).
Il bosco è popolato dalla ghiandaia (Garrulus glandarius), dal colombaccio (Columba palumbus), dalla taccola (Corvus monedula), dal pettirosso (Erithacus rubecola), merlo (Turdus merula), verdone (Carduelis chloris), verzellino (Serinus canarius), rampichino (Certhia brachydaptyla), cinciallegra (Parus major) e cinciarella (Cyanistes ceeuleus).
La riserva è frequentata anche da uccelli migratori come la tortora (Streptopelia turtur), la quaglia (Coturnix coturnix), il cuculo (Cuculus canorus) e l’upupa (Upupa epops).
Da segnalare la presenza del picchio rosso maggiore (Picoides major) come nidificante.
I mammiferi nell’area sono rappresentati da coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus), volpe (Vulpes vulpes), istrice (Hystrix cristata), riccio (Erinaceus europaeus), donnola (Mustela nivalis) e topo quercino (Elyomis quercinus).
Fra i rettili si può citare il biacco (Hierophis viridiflavus) che è il più comune serpente siciliano, dal cui colore interamente nero deriva il nome dialettale “serpe nivura”, la vipera (Vipera aspis), la lucertola campestre (Podarcis sicula) che si può osservare nelle zone più aperte, e il ramarro occidentale (Lacerta bilineata).
COME ARRIVARE:
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