Bisognerebbe almeno una volta nella vita fare la fila la domenica mattina in una qualunque pasticceria di Trapani, per comprendere veramente cosa vuol dire in Sicilia il rito dei dolci.
Due chiacchiere, un caffè, l’aperitivo, gli amici, le delizie che da lì a poco ciascuno si porterà a casa. Una vera cerimonia che ha poche eccezioni, comincia alle dieci del mattino e va avanti fino alle due del pomeriggio. Le strade si svuotano, e tutti sono dietro ai banconi a scegliere la propria guantiera di creme e di ricotta. Nessuno stupore quindi se a mezzogiorno alcuni laboratori sono già chiusi per esaurimento delle scorte. Al centro di questa straordinaria attrazione, un labirinto di sapori e tentazioni che probabilmente non ha eguali in nessuna parte del mondo. Uno smarrimento che richiede il sacrificio dell’attesa, giusto per non interrompere l’atavica liturgia. A prendersi la briga di curiosare fra i vassoi, il risultato non ammetterebbe obiezioni: il cannolo è al primo posto, alla lunga distanza tutti gli altri. Forse perché assieme alla cassata è il dolce simbolo di diverse generazioni, forse perché è il testimone di una corsa nei secoli attraverso dominazioni che lo hanno adottato pur avvicendandosi. O forse semplicemente perché è il più buono.
di Giacomo Pilati