Poggioreale. Il paese fantasma

Il profilo di Poggioreale si posa sul dorso di un colle che spunta dalla valle del Belice, nel cuore della Sicilia occidentale. Sulla sfondo un’altalena di crinali ricoperti di vigne disegna i contorni di un villaggio fantasma.

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Un borgo disabitato da decenni, da quando l’intera popolazione è stata trasferita in massa in un paese nuovo di zecca. Tremila persone, l’esodo dei sopravvissuti alla furia del terremoto che nel 1968 ha distrutto interi comuni delle province di Trapani e di Agrigento. Oggi in piedi sono rimaste solo facciate, inferriate barocche, vecchie maioliche, un groviglio di case addossate al campanile della Chiesa madre, scalinate che sembrano ritagliate con le forbici su un foglio di carta. Poggioreale prima del sisma era un delizioso paesino barocco, con i palazzotti dei nobili, la piazza con il circolo, la locanda e tutto il resto. I ruderi sono i testimoni di un dramma di 40 anni fa, la paura, la fuga, il distacco. Un luogo che per la sua bellezza e le suggestioni che evoca è stato il set di numerosi film famosi: è qui che Tornatore ha girato alcune scene di Malena e de L’uomo delle stelle. Un’isola fuori dal tempo, con le lancette ferme sulla terribile notte del 15 gennaio 1968. Ovunque saltano all’occhio i segni lasciati dall’ abbandono. Corso Umberto taglia verso sud due file di case vuote, alcune sventrate, e tenute su dai puntelli della protezione civile. Ci sono i resti di negozi e botteghe di ogni tipo, la macelleria, l’emporio, la cantina. Del teatro si scorgono i palchetti in muratura, l’emiciclo, i camerini degli artisti, alcuni brandelli di cartelloni. Il prospetto della settecentesca chiesa patronale è praticamente intatto, sorretto da due provvidenziali pareti interne, come una quinta teatrale . In fondo, una piazza ampia stordita dal silenzio racconta la vita di questa comunità estinta: l’associazione dei cacciatori, una sezione della Democrazia cristiana, l’abside della chiesa delle Anime sante, l’abbeveratoio. Chiude la scena un semicerchio di edifici movimentato da finestrelle e portici sfarzosi. Rari i visitatori, qualche vecchio nostalgico, scolaresche, fotografi e studiosi .

Non è pericoloso aggirarsi fra i ruderi, basta seguire la strada principale e accontentarsi di vedere solo da fuori gli angoli di Poggioreale vecchia, alcuni ancora carichi di ricordi. Un inconsapevole itinerario museale dove ogni cosa è al suo posto, i giornali con le copertine di Kennedy al circolo di lettura , le botti colme di vino. E in questo silenzio surreale sembra di cogliere il passo dei contadini di un tempo. Ma è solo una porta che sbatte nel vuoto. Un nodo nel filo della memoria di un paese che in qualche modo vuole tornare a vivere.